la dolcezza che incanta e il piacere che uccide

la dolcezza che incanta e il piacere che uccide

A Story by deianira
"

« Riuscivo a trovare una piacevole tenerezza nello squallore, quando è così sofferto o sconsiderato da divenire patetico. Nel senso che muove a pietà. E la pietà è pur sempre un sentimento caldo, che

"

Momento 1,
osservazione

Che opera sensazionale il corpo dei ragazzi come me, al di fuori di me, così ben plasmato nella carne come l'opera di una mano divina e benigna, che rotea su se stesso e fiancheggia attorno al fuoco sul bagnasciuga. Questo pensiero era dolce e mi sfiorava quando, durante una di quelle pigri notti d'estate, preferivo darmi ai piccoli piaceri della vista almeno, piuttosto che lasciarmi alla noia sotto le stelle. Era piacevole in quelle condizioni fare oggetto di desiderio un corpo qualsiasi, mai toccato, di qualcuno mai conosciuto, e sconosciuta la persona potevo ammirarlo se non nella sua esteriorità vana: seducente, fresca, spensierata, che si dava alla volgarità. Un piacere. La volgarità di un corpo giovane, di quelle notti senza nulla da fare in cui si preferisce ricoprirsi di salsedine e umidità, i capelli che si arruffavano al vento, che si arricciavano con l'acqua di mare, e le gambe che si ricoprivano di sale e sabbia e luce e acqua che rifletteva le distese del cielo e le scintille del fal�™ abbozzato sui granelli di quelle pietre levigate da secoli dal mare, come lo ero io, come lo era la mia anima, levigata dal tempo e ridotta a nulla, uno zero infinito e perfetto.
E le luci della cittadina erano troppo per me, così preferivo spegnere quella della mia villa a ridosso di quella spiaggia che quel ragazzo violava con la sua pelle e le sue avventure, mi chiudevo fuori, al balcone, respiravo finalmente aria pulita. Sul davanzale impolverato il poeta della sensualità francese e mondana nutriva quella sonnolente piacevolezza dei sensi, lasciato alla mercè del vento e delle zanzare, forse sarebbe caduto giù.
C'era un certo distacco nelle mie sensazioni, quando vedevo quel ragazzo ridere e accarezzare lascivo la pelle di chi gli stava vicino. Capitava che ostentasse la sua sensualità sulla mia spiaggia senza sentire alcuno sguardo addosso, oppure sì, lo percepiva, ma se ne faceva un vanto. Gli scivolavano addosso i miei occhi, e lui li sentiva come mani ardenti e bramose su di lui e già ne godeva; godeva di quelle mani impercettibili, godeva dell'ambizione di essere desiderato? �" godeva e basta, quel Narciso perduto; era puro godimento, lo sentivo quando rideva. Che risata cristallina, un bacio avrebbe avuto lo stesso suono. Lo desiderava. Non le mie mani, non un mio bacio; ma delle mani, dei baci. E non ne aveva mai abbastanza. Era assetato, e vuoto, completamente vuoto e insaziabile, sofferente.
Lo stesso poeta dell'incanto volgare che tenevo sempre accanto a me scriveva che solitudine e moltitudine sono termini uguali e convertibili per un poeta fecondo e attivo e io in effetti vi trovai la differenza tra me e Jeon Paul: lui si perdeva nella moltitudine, io ritrovavo me stesso. E tuttavia c'era qualcosa di poetico nella mia ossessionante curiosità verso quel caso che giocava a fare l'uomo bello e vissuto fra i suoi coetanei, che si perdeva fra la folla., pur non considerandomi un poeta, non lo sono affatto perché mi piace troppo la vita per esserlo, eppure c'è sempre questa strana contraddizione di cose, e di colori, e di situazioni, che si avvicendano a ritmi incontrollabili, e a pensarci c'era qualcosa di poetico persino in lui, che sapeva popolare la sua solitudine e riderne come una maschera da commedia.

Una sera io e uno dei miei amici più stretti in quel periodo, che ricorderete con il nome di César, venne da me a smontare la tranquillità della mia villa commentando ogni dettaglio che trovasse abbastanza rilevante da impiantarci su una discussione e schiamazzando come uno stormo di piccioni. Dunque eravamo sulla mia terrazza, e io gli avevo appena detto che avrei voluto un'avventura amorosa, non romantica, ma profonda e coinvolgente. Sorseggiavo un tè fresco, guardavo il mare e lui che beveva birra e urlava come un pazzo senza anima.
- Dimmi che vedi in quel ragazzo, - mi aveva chiesto sorridendo.
- Perché questa domanda? Non ho detto che è lui con cui la farei.
- Per�™ mentre lo dicevi lo stavi osservando.
- Lo osservo perché è curioso.
- Curioso?
Annuii facendo spallucce. Bevevo voracemente, a dissetare una sete mai sentita prima.
- E in che senso?
- Questa è una conversazione futile data dalla noia. Lui è un ragazzo che mi ispira noia esistenziale, che è diverso per�™, due noie differenti. Nel suo caso c'è della disperazione, nei movimenti e nelle espressioni, che camuffa molto bene e ci�™ lo rende noioso.
Il viso di Jimin si incupì.
- Perché è noioso? - Ripeté.
- Non è noioso lui. È noioso il suo contesto, sono noiose le persone che lo circondano.
- Senza sarebbe più interessante?
- È interessante già così. Pu�™ essere interessante. Mi piace osservare come annaspa per potere ridere ancora e ancora. È dolce. Si comporta come tutti, uno come un altro.
Da lì, silenzio. Jimin non mi pose più alcuna domanda, e io continuai a guardare Paul, che come ogni sera ballava sulla sabbia.

Ostentavo un cinismo spietato per la condizione in cui versava quel ragazzo, un cinismo invidioso, a tratti risentito, come se avessi voluto fare mia quella moltitudine oppure appartenervi. 
Ma no, c'erano quei momenti in cui non pensavo a lui, c'erano sere in cui prendevo la macchina e mi allontanavo dalla cittadina. In autostrada stavo sempre bene perché ero con la mia vettura e il vento che entrava con prepotente violenza e sferzava sul mio viso, la luna alta e pallida che illuminava la strada e il forte odore degli alberi nei dintorni. Pensavo di voler morire di quell'odore, lo ispiravo con forza sperando potesse soffocarmi come un incenso avvelenato. Annegare in quel paesaggio era un desiderio. C'era della decadenza nei toni, il pallore della notte che mi perseguitava e io che mi sentivo inquieto così solo nella solitudine strozzata dal buio, nella vera solitudine, palpabile, quella in cui non si ha nessuno attorno, non si è più nessuno perché si è stati inghiottiti da un incubo, inscatolati dentro la macchina, sperduti, abbandonati, le maschere cadute e rotte. Le mie pulsioni si dissolvevano, e il mal di vivere era di nuovo forte quando non trovava sfogo. Era in questo momento che i pensieri si muovevano come farfalle, e comprendevano il vortice di decadenza esistenziale dentro cui sguazzavo.

Momento 2,
attrazione

Ora come dei fantasmi brancolanti nella notte.
La brutalità di passaggio dalla delicatezza distaccata di una farfalla che si posa sul suo essenziale ma casuale oggetto di desiderio, all'ossessione tormentosa di un fantasma pallido e inconsistente, che non ha più nessun obiettivo, che non vive più, che non respira più. Affamato. Sia io che lui non eravamo altro che dei poveracci, ma lui soprattutto avrebbe ottenuto tutto ci�™ che voleva. Avido e spietato, l'unica ricchezza di cui non poteva ricoprirsi era l'unica che bramava spasmodicamente quasi, un animale in pena, in calore. Paradisiaco eppure incontentabile.
Ma se mi dessi un bacio al gusto di cioccolato, quel cioccolato che ti ho visto mangiare stamattina con quelle dolci labbra morbide e incantevoli, allora sarebbe un'ulteriore macchia sulla tua pelle già sporca e viziata? Sarei io una macchia e basta in questa costellazione di peccati?
Cominciava così il mio vezzeggiamento, la serie di un lungo corteggiamento quasi euforico, azzardato: un biglietto che gli avevo lasciato nella tasca del costume da bagno abbandonato sul bagnasciuga, prima che si gettasse a mare a consumare un atto carnale con un altro ragazzo meno bello, meno piacente, più immondo e insignificante. Patetica volgarità di due corpi che cercano un atto fine a se stesso, al soffocamento della carne. E tuttavia io lo osservavo come un manichino incapace di movimento, come un'ape incerta sul fiore della sua giornata: in attesa, desideroso, attento. Sospiravo, lento, come se stesse toccando me e io lui. Storceva la bocca e fremeva, tremava come spoglio della stessa pelle, toccava e sospirava lascivo e disperato, si aggrappava a quella carne con tenero bisogno.
Non c'è fine all'avidità umana in un mare di acqua salata. C'era qualcosa in mezzo a quell'aura viziata che mi piaceva e mi faceva fremere, mi sentivo un ubriaco. Era una dolce disperazione, quella dell'angelo dai capelli neri: era dolce il suo viso quando, lontano da tutti quegli attori, si ritirava in disparte a fumarsi una sigaretta o una canna. Lo guardavo. Dove volevo andare a parare con quella vicinanza? Volevo anch'io assaggiare quella decadenza spirituale, quella stessa decadenza in cui tutti, quando vi cadevano, sembravano felici; volevo assaporare quella al gusto della sua pelle, e seguire le sue orme umide di sangue e birra in quel sentiero tanto tenebroso e angusto, buio, nessuna luce se non una pallida alle mie spalle.
Ogni tanto si accorgeva di me. E quando accadeva, si alzava e se ne andava, lasciandomi deluso come un bambino che aspettava una carezza.
Il poeta maledetto mi cantava ogni notte le sue poesie tormentose. Dolce speranza annegata nel torpore, che non ha avuto mai nessuno a farle luce. Il cielo mi pesava addosso come un coperchio, abbracciava tutto l'orizzonte e chiudeva nel buio ogni cosa. Non c'era più nulla da vedere.
L'avevo definito angelo, ma era stata la parte più istintiva di me ad averlo fatto - c'è spiritualità nella carnalità? Se siamo umani e dunque carne, c'è possibilità per noi di diventare sacri? Eppure era più un Minotauro, corneo e violento, tenero in quell'ingenua arroganza con cui avrebbe fatto perdere chiunque, e poi l'avrebbe divorato. Si muoveva come un eroe greco, era sempre corrucciato come un pensatore e si atteggiava da re.
Se solo mi guardasse come una delle sue prede, sarei per sempre suo, pensavo, crogiolandomi nella visione di lui sulla spiaggia, la sera.

Momento 3,
perdizione

Riuscivo a trovare una piacevole tenerezza nello squallore, quando fosse così sofferto o sconsiderato da divenire patetico. Nel senso che muove a pietà. E la pietà è pur sempre un sentimento caldo, che piega. Mi ero sentito piegato mentre ascoltavo Jean Paul gemere dietro a un vicolo buio. Il cuore mi batteva forte, la mia curiosità mi guid�™ a sbirciare da dietro il muro roccioso.
Diventai rosso per la trasgressione del mio atto, ancora di più al suo corpo nudo e ai rumori e ai lamenti alla luce che sbatteva fra i capelli e la pelle di quei due manichini senza respiro né vita né onore, e ancora più curioso. Niente allusioni abbracciate dal buio di una spiaggia.
Osceno. Questa sensazione di squallore mi aveva fatto rabbrividire di disgusto; poi il cuore cominci�™ la sua corsa, batteva più forte nel petto, e mi pervadeva un formicolio che partiva dallo stomaco e si dilagava nel basso ventre. C'era qualcosa che andava scoperto, che mi faceva cedere, che era insano, perverso, ingiusto. Era tutto in ordine: così vanno le cose qui, questo è come girano, c'è questa catena sociale e va rispettata. Non ci sono ideali-manichini se non le persone che vi credono, anzitutto. Individui-manichini che partoriscono ideali-manichini. Allora Jean Paul non era un individuo-manichino perché viveva la sua vita alla perfezione, o forse non la viveva affatto ed era questa la perfezione della sua vita o della vita intera! Una vita non vissuta nei suoi doveri e diritti, una vita dedita al piacere personale, piena di sensazioni dei sensi e mai un attimo per dare ossigeno alla ragione e a cosa servirebbe in un mondo senza regole? mi chiedevo. Allora mi rigirai a osservare, con curiosità bramosa, il suo atto carnale e il godimento che ogni parte del suo corpo descriveva. Non credevo che gli piacesse farsi penetrare, proprio lui. A quel tempo pensavo fosse una qualche perversione, ebbene no, quella che vedevo come tale era l'espressione della sua sregolatezza: gli piaceva tutto, ma quel tutto doveva sottostare al suo stesso piacere temporaneo. Se gli fosse andato di penetrare lui l'avrebbe fatto e quell'altro ragazzo, l'individuo-manichino che, io lo sapevo, lo guardava come oggetto di amore e non con gli stessi occhi di Jean Paul, cioè come pura espressione della vita vissuta nella sua materialità più estrema e contorta, non avrebbe esitato a sottomettersi a un condottiero di vita talmente tenace e capace. Ne ero indignato, mi sembrava uno scempio e uno spreco di intelligenza, quell'intelligenza umana e fine che si riduce a puro istinto, si abbassa ai sensi, un ritorno insano alle origini animalesche.
Allora, per�™, non avevo capito niente di tutto questo e io, ingenuo, vagabondai a lungo.

Ero nudo a mare, in acqua. Gli occhi immobile sull'orizzonte. Non facevo caso al freddo: il mio interesse era scovare la luna dietro alle nuvole. Lo aspettavo con una calma aspettativa.
Jean Paul arriv�™ all'una di notte senza nessuno, da solo. Lo avevo sentito, quindi mi girai, lento, per averlo di fronte: lui sul bagnasciuga, io in acqua. Uno sguardo impassibile, poi si prese i lembi della polo e se la tolse, sbotton�™ i pantaloni che scivolarono ai suoi pieni; la mano sfior�™ il ventre, le dita vi scorrevano sopra fino all'elastico dei boxer: tolse anche quelli, caddero pacati. I suoi occhi sempre su di me e i miei sul suo corpo.
Cammin�™ verso l'acqua, vi si immerse fino a sparirci dentro; poi riemerse proprio di fronte ai miei occhi, a un palmo dal naso. La luna riusciva a schiarire solo i suoi occhi: grandi, tondi, neri come il mare di quella sera. La sua mano mi sfior�™ l'ombelico, salì con la stessa caparbietà, lenta e decisa fino al mio petto, e io tremavo come una foglia già in preda al piacere. Schiusi la bocca per respirare.
- Mi vuoi? - Lascivo nella voce bassa. - L'ho letto. Ho letto il biglietto. So che sei tu. Cosa cerchi da me?
Il fiatone, gli occhi spalancati sui suoi.
- Cosa cerchi tu. Cosa cerchi nei corpi che fai tuoi sulla mia spiaggia?
Sorrise, un sorriso storto che non aveva alcuna luce, forzato e stanco.
- Ma sentiti, sei adorabile. Parli come un predicatore per nascondere questa tua voglia malata di me.
- Non c'è amore, - E mi bloccai. Tutto era fermo. Ripresi: - E tu l'unica cosa che cerchi nella vita è quello. Sei pieno di voglie represse, hai tutto e vuoi ancora di più. Sei proprio un vagabondo ricoperto di oro che non riconosce.
- Cosa ne puoi sapere tu?
- E' questo quello che vedo.
- Sei una persona romantica?
Mi zittì. Potevo sentire l'espressione contrarmisi dalla confusione.
- Cosa c'entra questo?
Sorrise ancora. La mano mi accarezzava il capezzolo, e lui cominci�™ a guardare proprio quel punto.
- Le persone giudicano sempre usando come metro di valutazione se stessi. Secondo me tu sei un romantico annoiato dalla vita che fa di me il suo oggetto di interesse, attraente come sono, dato che è una fama che mi hanno ricamato addosso le persone. Ma stai attento a scambiare la tua interpretazione con la mia... Hm? - Gli occhi di nuovo nei miei.
- Allora qual è la verità? - La voce bassa, quasi strozzata.
Jean Paul continuava a giocare con quel lembo di pelle, poi mi sentii toccato anche dall'altra mano. Non avevo via di fuga: il suo corpo si avvicinava, mi sfiorava, il fiato sulla pelle sudata e le mani che scivolavano sulla schiena.
- La verità è che sono annoiato dalla vita e dalle persone, - mi sussurr�™ all'orecchio.
Il suo petto era sul mio; fui costretto a indietreggiare. Ero senza fiato.
- Sei un eterno insoddisfatto, - sussurrai aggrappandomi alle sue braccia.
- Forse, non so...
- Sei la persona più triste che abbia mai incontrato, - rincarai la dose. Le unghie nella sua carne. - La tua tristezza arriva a questi livelli... Sono tutti così nella tua cerchia di amici?
- Non ho voglia di fare nient'altro.
Piccoli, lenti baci sul collo: partivano dalla clavicola e assaporavano tutta la pelle, fino alla mandibola. Strinsi i denti, poi riparlai. Era come se lo stuzzicassi, e questo lo induceva a far di più.
- Allora è vero quello che dicevo. Cerchi nei corpi qualcosa che sazi e abbatta la tua tristezza ma non trovi mai nulla... non ti soddisfa nulla perché il sesso non è una cura al male, - espirai.
- E allora torniamo alla domanda iniziale: tu cos'è che cerchi da me?
Silenzio. Lo sentii sorridere sulla mia pelle: un morso sulla spalla.
- Mi hai chiesto di baciarti, - insistette.
Silenzio, ancora. Il cuore capitolava, la testa vorticava. Mi prese per le cosce e io mi aggrappai a lui; non potevo guardarlo negli occhi, ma lui si stava divertendo a toccarmi ovunque. Mi voleva spezzare.
- Non biasimare me se alla fine quello che vuoi è prostrarti, come tutti, - mormor�™.
Il suo profumo era forte. Mi entrava tutto nelle narici, più intenso dell'odore del mare e del polline che veniva da lontano, che cercava aria nuova. Le onde facevano un rumore di culla, era serene e accarezzavano con dolce calma la costa. Le palpebre volevano abbassarsi e chiudersi come boccioli infreddoliti.
- Ti cedono le gambe, sei proprio debolissimo per me, - una risata bassa.
Le gambe, sì, mi tremavano. Quasi non riuscivo più a percepire la sua voce. Le sue mani vagavano per il mio corpo, mi sentivo sballottato di qua e di là e mi piaceva, mi sentivo lontano e intorpidito; lontano anni luce da lì, come se quello non fosse il mio corpo né la mia spiaggia, come se Jean Paul fosse un sogno.
Poi le sue mani si arrestarono per un momento sul mio sedere. Risalirono lente su per la schiena, e solo in quella lentezza sentii le zone, prima toccatemi, bruciare; mi tir�™ i capelli, la testa costretta all'indietro. Buttai giù la saliva e aspettai. Un bacio sul pomo d'Adamo, poi parl�™ un'ultima volta.
- Complimenti per�™, almeno tu prima di cedervi l'hai riconosciuta da subito tutta questa grande barzelletta... L'hai accettata con consapevolezza. Ora ne fai ufficialmente parte.
Il suo corpo si mosse con foga. Quelle acque non erano più tranquille, erano state sconvolte e divennero il vortice dentro cui, ignaro e sprovveduto, finto saccente, sarei sprofondato, morto e risorto.

© 2024 deianira


My Review

Would you like to review this Story?
Login | Register




Share This
Email
Facebook
Twitter
Request Read Request
Add to Library My Library
Subscribe Subscribe


Stats

71 Views
Added on June 19, 2024
Last Updated on June 19, 2024

Author

deianira
deianira

Palermo, Sicilia, Italy



About
writer, poetess, author of IL DESTINO GIOCA D'AZZARDO wip: "l'Angelo, il Principe e la Rosa" blonde female rage. more..

Writing